Individuazione e realizzazione
Sul pensiero di James Hillman
di Maurizio Falcioni
E’ presumibile pensare che l’immagine di noi, cioè quello che saremo in futuro, esiste già da qualche parte, perduta nell’inconscio come una vecchia fotografia che abbiamo dimenticato in un cassetto. Quella fotografia racconta il futuro di ciò che saremo e una volta intercettata, mettere insieme i pezzi diverrà più facile.
L’arte di ricomporsi è un’arte di vivere, è la capacità di sentire da subito chi siamo nel senso più universale del termine. L’affermazione emblematica di Picasso quando disse: “Io non evolvo. Io sono”, racchiude il senso di un’intera esistenza che per la maggior parte di noi sembra essere un’eterna ricerca di pezzi mancanti. “Io sono”, rappresenta qualcosa di ben più grande rispetto al carattere umano; nell’affermazione si percepisce una conoscenza universale non confinata allo spazio limitato della materia. Quando diciamo “Io sono” stiamo affermando l’eterno presente.
L'immagine di Sé
Cercheremo ora di capire come ricostruire la nostra immagine interiore, il più possibile vicina all'originale, il che coincide con la realizzazione e il nostro scopo ultimo.
Carl Gustav Jung confida di aver realizzato il suo epico lavoro di una vita sulla psicologia analitica perchè "stretto nella morsa del daimon". Il tremine daimon trova la sua radice nel greco antico e significa "essere divino" ma anche "distributore di destini" dall'ellenico. Questo ci fa pensare ad una entità separata e allo stesso tempo unita che ci guida in una direzione prestabilita: verso la nostra realizzazione.
L’importanza delle immagini interiori che possiamo anche definire “intuizioni” è da sempre centrale nel processo di crescita e sviluppo verso le altezze dello spirito. Qualcosa coincide con le immagini e la crescita spirituale; esse ci guidano verso la nostra realizzazione, il punto è come potersi fidare di quest'ultime e in che misura.
La confusione più grande per un ricercatore e per un qualsiasi essere umano che abbia un certo grado di consapevolezza, si sviluppa proprio da un accavallarsi di immagini che vogliono indicarci vie opposte o impraticabili. Quelle dello spirito che chiamiamo intuizioni, emergono dal silenzio interiore, è quindi chiaro che finchè non rendiamo la mente silenziosa esse non possono emergere. Vengono in un certo modo falsate da altre che riguardano processi mentali egoici, rimosso psicologico e materiale biografico.
Tra queste immagini che emergono dal silenzio, possiamo vedere il nostro futuro, la proiezione interiore di ciò che saremo e in alcuni casi, la nostra morte.
Tutto si sviluppa in una successione spontanea dopo che il chiacchiericcio della mente viene placato e la verità per effetto, predominante.
Composizioni umane
Se osserviamo bene possiamo vedere che le persone che ci circondano sembrano essere delle composizioni. Durante il loro percorso si sono lentamente ricomposte, ma questo ricomporsi molte volte non coincide con l’immagine originaria. In altre parole possiamo ricomporre un puzzle in modo disordinato, disarmonico e distorto. Una delle cause di questa disarmonia riguarda una particolare condizione psicologica o più precisamente sistemica che ci spinge, attraverso una coercizione mentale, a riprodurre caratteristiche comportamentali che sono appartenute ad altri del nostro sistema di appartenenza, quello che tecnicamente viene definito "irretimento". E’ quindi impossibile avere un'immagina chiara di chi vogliamo essere se prima non abbiamo pianificato l'insieme degli equilibri, producendo in questo modo uno spazio di ascolto individuale dove potersi riconoscere. Questo spazio di ascolto coincide con l'integrazione del materiale biografico rimosso che viene elaborato per mezzo dei processi terapeutici adottati con lo scopo di raggiungere una particolare chiarità mentale.
Tutto questo processo coincide con il sorgere di una figura interiore stabile che ci guida nella realizzazione dell'immagine originaria; un sentire empiricamente la presenza di uno spirito guida che incessantemente e con grande determinazione si occupa della nostra gloriosa venuta al mondo.
Strumenti per ricostruirsi
Una volta che siamo predisposti alla realizzazione dobbiamo soltanto andare alla ricerca dei pezzi mancanti e questo lo facciamo tramite l'aspetto creativo o meglio, per mezzo della "creazione".
Se cominciate ad entrare in questa ottica vi accorgerete che l'assetto meditativo è basilare e che l'insegnamento del Buddha o quello proposto da altri percorsi iniziatici basati sull'ascolto consapevole, trovano un perfetto aggancio con il lavoro che stiamo andando a fare, cioè quello di ricomporre l'immagine originaria. Dobbiamo in altre parole trovare un'armonia che possa convogliare tutto il nostro essere così da poter sviluppare l’artista interiore: il genio delle composizioni.
Come abbiamo appena detto l'oggetto della meditazione è indispensabile per riuscire a contattare l'immagine originaria. Il lavoro di ricomposizione della nostra vera identità è molto delicato, abbiamo bisogno di una capacità di ascolto sottile: le comunicazioni interiori, sotto forma di indicazione, che ci orientano verso i pezzi mancanti emergono improvvisamente attraverso i sogni, le relazioni, gli oggetti, i libri che leggiamo e infiniti altri canali. Sviluppando gli organi sensibili, le percezioni, il sentire intuitivo, diventiamo come dei radar capaci di intercettare l'esperienza ideale nel cui nucleo si nascondono frammenti della nostra immagine originaria.
Questa prospettiva ci fa vedere l'esistenza da un un'angolazione originale, e soprattutto ci ricollega a quello che i grandi mistici del passato come Meister Eckhart, Ildegarda di Bingen, Giovanni della Croce, Matilde di Magdeburgo, i quali mettevano la creazione al centro delle loro esistenze, vedevano come divertente e
giocoso. La vita come ricerca di se stessi attraverso il gioco e la gioiosità; una ricerca di pezzi mancanti che ci trasforma in esploratori ‘divertiti’ dell’esistenza.
Uno degli effetti tangibili della meditazione sta proprio nella leggerezza che si percepisce nei confronti dell’esistenza; è attraverso questa leggerezza che riusciamo a creare spazio interiore e interrompere il chiacchiericcio della mente per raggiungere un'essenza che ci riguarda e ci guida. Da questa essenza vediamo chiaramente cosa ci manca e cosa invece possediamo: raggiungiamo cosi la consapevolezza delle qualità mentali e delle profonde negatività che ci ostacolano.
Consapevoli dell'incompletezza
Noi tutti siamo incompleti e siamo anche in costante degenerazione. Una volta riusciti a trovare i pezzi principali e aver raggiunto un certo livello di stabilità dobbiamo poi fare i conti con la natura stessa che ci spinge nuovamente a decomporci. Perché allora fare questo enorme lavoro di costruzione di un “me” se poi questo “me” si trasforma nuovamente?
Carl Gustav Jung affronta un interessante argomento quando ci parla della realizzazione. Successivamente aver raggiunto le tre forme di principale stabilità: nelle relazioni, nel campo professionale e nel rapporto di coppia, un individuo potrebbe sperimentare una nuova forma d’instabilità proprio perché ciò che è stato realizzato necessita una sorta di mantenimento, una forma ideale per sua natura è instabile. In un certo senso il desiderio di costruire si scontra successivamente con la natura stessa dell’esistenza che per forza superiore trasforma ogni fenomeno. Inseguire un’idea di successo che ci spinga a costruire materialmente qualcosa come simbolo di realizzazione è oggettivamente un atto contro natura destinato a trasformarsi in una gabbia.
Il Buddha ce lo ricorda con queste parole: “Immagina una montagna tutta d’oro: anche raddoppiata non sarebbe sufficiente a soddisfare un solo uomo: sappi questo e vivi di conseguenza”.
Dovremmo quindi valutare attentamente quali parti del puzzle mancano alla realizzazione di chi veramente siamo: una volta aver composto l’insieme dell'immagine ne diventiamo in un certo modo dipendenti e cerchiamo di mantenerci su quella linea, difendendo la roccaforte che abbiamo costruito.
Forse sarebbe meglio accettare questo senso d'incompletezza e contemporaneamente mantenerci co-partecipativi ad un piano di creazione che
nell'insieme trova unione ed armonia. Forse sarebbe meglio arrendersi alla propria natura umana e far affidamento sulle forze spirituali che la sorreggono. Vedendoci come parte di un grande infinito puzzle ci mettiamo a disposizione della creazione; in questo modo, tra le righe e le increspature delle onde potremmo percepirne l'essenza e magicamente sentirci completati da questa esperienza di unione.
Restando dunque naturalmente incompleti ci completiamo attraverso le infinite parti dell’Universo, senza esigere nulla e senza chiedere nulla e soprattutto liberi dal desiderio di volerci completare attraverso la considerazione degli altri. Soltanto restando aperti e disponibili, lasciando che questa infinita intelligenza creatrice possa sfiorarci e usarci come parti del tutto. Adrienne Rich lo sottolinea attraverso questa meravigliosa verità: “sono felici quelli che sanno di non essere unici”.
I bambini seguono l’immagine interiore
Questo approccio spirituale, ci aiuta a vedere l’immagine originaria, la stessa che inseguivamo quando eravamo bambini, la stessa immagine che successivamente, attraverso la coercizione del mondo degli adulti, lentamente sbiadì per finire in qualche misterioso cassetto dell’inconscio.
Era la neve che soffice si posava su ogni cosa e restava immobile creando forme e distese incontaminate che meritavano sciogliersi seguendo il proprio destino. L’immagine che seguivamo da bambini era la nostra battaglia per affermare al mondo intero che ogni singolo fenomeno in natura non avrebbe dovuto subire interferenze.
Scrive Arthur Rimbaud a soli quattordici anni:
"Voglio essere poeta, e lavoro a rendermi Veggente: lei non ci capirà niente, e io quasi non saprei spiegarle. Si tratta di arrivare all'ignoto mediante la sregolatezza di tutti i sensi. Le sofferenze sono enormi, ma bisogna essere forti, essere nati poeti, e io mi sono riconosciuto poeta. Non è affatto colpa mia . E' falso dire: Io penso, si dovrebbe dire: mi si pensa.
Scusi il gioco di parole... Io è un altro".
La riconquista della nostra vera identità attraverso l’immagine interiore originaria è la parte centrale del viaggio. Stiamo lavorando duramente per sentire questo richiamo venire dalle profondità di un mistero che coincide con la nostra realizzazione sul piano fisico e concreto dell’esistenza umana.
L'immagine ci accompagna come una guida interiore, al pari di un angelo custode che suscita in noi richiami celesti, aperture verso la gioiosità di riconoscersi come parte di un Universo unico e infinito. Questa apertura diventa per il bambino un'esigenza che egli ricrea interiormente oltrepassando i limiti del corpo, mantenendo una costante insofferenza rispetto alle scelte dei più grandi. Una volta che il bambino ha intercettato il proprio Sé desidera raggiungerlo in ogni modo.
Questa grandiosità che si manifesta attraverso forme comportamentali estreme è stata duramente etichettata dalla psicologia che ne ha estrapolato il nucleo e inibito l'effetto. Abbiamo così una serie di patologie che oggi vengono trattate attraverso la farmacologia. Come ci ricorda Hillman, forte sostenitore dell'ipotesi sull'immagine originaria: “La perversa inadeguatezza del trattamento non è voluta da medici e operatori, i quali sono anzi animati dalle migliori intenzioni. Deriva inevitabilmente dall'inadeguatezza, dalla perversità della teoria”.
Diventa ciò che sei
L’ultima parte di questo articolo vuole essere un monito per chi sta affrontando la difficile transizione verso la realizzazione di sé. Il rischio più grande che si corre se non si riesce a contattate l’immagine originaria è quello di finire annientati, comandati da una certa confusione mentale che non porta in nessun luogo, soltanto verso un’omologazione mascherata nel disperato tentativo di apparire come non si è.
L’immagine interiore originaria, il genius come amavano definirlo i latini, coincide con una maturità spirituale; il “dono” emerge attraverso l’impegno e la dedizione nella pratica, attraverso una mente purificata. L’immagine originaria è quell' "Io sono” che Picasso vuole confermare al mondo per indicare il suo stato interiore, la capacità di partorire l'opera d'arte e contemporaneamente esserla.
Lavoriamo duramente perché così facendo il nostro Daimon possa liberarsi dalle catene che lo inchiodano nelle profondità di noi stessi o sepolto sotto strati e strati d’impurità come un’antica città splendente. Una volta che lo spirito sarà liberato sarà necessario fluire con esso in un atto continuativo di creatività verso la realizzazione del Sé.
Tu come strumento, tu come opera immortale.