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Il dono del Dhamma supera ogni altro dono

Affidarsi al Dhamma | Il Sito di Maurizio Falcioni

di Maurizio Falcioni

Nell'antica lingua pāli troviamo un tentativo di racchiudere l’universo del Dhamma nelle parole, “Sabbādanam dhammadānam jinati”, il dono del Dhamma supera ogni altro dono. C'é qualcosa di inestimabile valore che sfugge alla comprensione della mente ordinaria nonostante la sua essenza si trovi ovunque.

Che cos’è il Dhamma? Prima di tutto è bene chiarire che il termine -Dhamma- e quello  -Dharma- sono la stessa cosa, soltanto viene enunciato in lingua differente e in alcuni casi risente di alcune sfumature nell'insegnamento, provenienti però dalla stessa radice. Per molto tempo e ancora oggi, il significato di questo universale contenuto di saggezza è stato frainteso: il Dhamma  è stato racchiuso all'interno di una ricca cornice carica di orpelli religiosi che inneggiano alla figura del Buddha. Il Dhamma però nella sua profondità non ha nulla a che vedere con il Buddha, non è qualcosa che può appartenere a qualcuno come se fosse protetto da un copyrigth, si tratta dell’esatto contrario di ciò che il mondo degli uomini ha tradotto e di cui si è appropriato. Sono gli uomini e l’intero universo, compreso il Buddha,  ad appartenervi. 

 

Uno dei più grandi maestri di meditazione Theravada, Ajahn Chah, racchiude in questa breve descrizione un'immagine chiara del significato attribuito al Dhamma: “Dentro è Dharma. Fuori è Dharma. Tutto è Dharma. Sia che lo vediamo o meno, tutto è Dharma. E’ come dire del mare: ‘questa è acqua. Dentro è acqua. Fuori è acqua. Tutto è acqua’. La mente è Dharma. Il conoscere è Dharma. Il mondo fisico che ci circonda è Dharma. Tutti gli esseri intorno a noi, ciascuno di essi, fanno tutti parte della natura, ‘Natura’, tra l’altro, è un’altra traduzione del Dharma”. 

 

Il suo significato letterale è molto vasto e racchiude infiniti concetti, potremmo azzardare l’accostamento al termine Cosmo, più usato in occidente e dalla scienza moderna. Il termine Cosmo ci permette di fare una traduzione letterale del Dhamma, perché nella sua etimologia troviamo una radice che risale al greco arcaico e che si traduce nel termine comune, “ordine”.  

Cosa significa allora: ricevere il dono del Dhamma? 

Questo dono come possiamo avvertirlo nella nostra vita? 

Un dono è qualcosa che ci viene offerto: improvvisamente ci troviamo tra le mani una preziosa gemma chiedendoci come è potuto accadere. Questo accadere, però, non è casuale, accade perché siamo pronti a ricevere. Così quando abbiamo fatto “ordine” nella nostra vita, nel momento in cui tutto viene armonizzato, sentiamo una dolce melodia e una straordinaria pace interiore; il nostro mondo interiore improvvisamente é in linea con questo ordine cosmico, con le sue leggi  e come un vento spuntato da chissà dove, risuoniamo in esso sotto forma di spazio vuoto.

 

Un Dhamma spietato

Il Dhamma, in quanto ordine cosmico, non può essere contrastato. Nell’antico insegnamento, il Buddha ci ricorda che andare contro la natura del Dhamma, ci punisce qui e ora, in questo stesso istante. Man mano che progrediamo nella corrente del Dhamma questa “punizione” diviene sempre più chiara insieme alla sofferenza che produce. La spietatezza del  Dhamma nel volerci orientare ad una comprensione assoluta è così diretta e indelebile che averlo frainteso per secoli appare all'occhio di un risvegliato come un’immensa e raccapricciante stupidità. Il punto centrale di questa ipnosi infatti è rappresentato dall'ignoranza e dalla ricerca costante di sicurezza attraverso l’aspetto sensuale. Gli uomini in questo momento stanno fuggendo dalla legge universale perché in essa si riflettono tutte le loro incongruenze. Prenderne coscienza sarebbe troppo doloroso.

 

Un Dhamma scientifico

Abbiamo unito il termine Cosmo, in quanto ordine naturale, al termine Dhamma e in questo potremmo divertirci ad unire infiniti termini e significati. Tutte queste strategie per arrivare al senso, si perdono in un tentativo letterale ma difficilmente raggiungono il traguardo della comprensione. Il Dhamma come insegnato dal Buddha è principalmente l'involucro di una tecnica, una pratica scientifica, in esso non si trova una grossa dispersione filosofica, le parole per il Buddha sono di poco conto, l’intero insegnamento si racchiude nella comprensione delle 4 nobili verità e cioè la verità della sofferenza, la sua causa, la tecnica che ci permette di liberarci, quindi la verità sul metodo e la cessazione del meccanismo che genera la sofferenza. Per fare questo non possiamo riversare l’attenzione su ciò che è scritto, non dobbiamo quindi appellarci al pensiero di un’altra persona ma sperimentare direttamente la legge naturale, quindi il Dhamma, attraverso l’unica cosa che concretamente appare a noi in questo momento. Se provate a domandarvi cosa c’è in questo momento rimarrete delusi, perché, sempre che non siate in un’esperienza gratificante per la mente ciò che troverete sarà solo un’infinita gamma di sensazioni più o meno piacevoli. Il Dhamma, mi auguro davvero possiate conoscerlo, è la realtà di questo momento. 

Oltre ad essere la sostanza di questo momento, il Dhamma è l’“insegnamento” riscoperto da Siddharta Gautama. Quando chiesero al Buddha dove avesse conosciuto l’insegnamento, da quale maestro lo avesse appreso, lui rispose che non c’era nessun maestro e che non lo aveva ricevuto da qualcuno ma da “qualcosa”; la fonte stessa alla quale si era risvegliato lentamente lo nutrì fino alla completa conoscenza, pura conoscenza della realtà ultima, non settaria, universale e accessibile a tutti indiscriminatamente. 


Un Dhamma universale

Il merito che viene riconosciuto al Buddha e quello che ha determinato la nascita del buddhismo come corrente filosofica e religiosa è da ricollegarsi all'esperienza diretta che egli fece durante i suoi anni di ricerca nell'universo dello spirito. C’è da dire che nel momento in cui venne affibbiata al Buddha la nascita di una corrente religiosa con i sui seguaci, le sue regole, la disciplina e tutto il resto, si perse per sempre la natura originaria dell'esperienza di cui egli fu portatore. La verità universale che trasuda dall'esperienza di un solo individuo e che egli riuscì a tramandare attraverso le parole per più di quarant'anni fu incapsulata all'interno di un culto religioso che non ha alcun senso rispetto al vero significato del Dhamma. Purtroppo ancora oggi sono poche le persone che riscoprono la verità legata all'insegnamento del Buddha. La maggior parte delle persone che si avvicinano al Buddha credono che seguire questo tipo di sentiero equivale ad essere dei buddhisti come nello stesso modo seguirne un altro equivarrebbe a diventare mussulmani o cristiani o induisti. Si dimentica che c’è un solo insegnamento e una sola verità, in lingua pali essa è stata definita – Dhamma - in altre lingue e in altre geografie fu definita diversamente ma il senso e il tragitto spirituale coincidono. Bisogna essere affetti da stoltezza cronica per sentirsi identificati con qualcosa, che sia un culto o una marca di pantaloni. La verità è che le definizioni per natura sono un enorme pericolo, la mente tende ad aggrapparvisi e nel momento in cui questo accade ci sentiamo al sicuro protetti all’interno della nostra visione del mondo mentre invece l’insegnamento, con qualunque nome tu voglia definirlo, ci dice che la fine della sofferenza coincide con il non aggrapparsi a nulla.

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