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NON BRAMANDO NULLA, NULLA LO APPESANTISCE

  • di Maurizio Falcioni
  • 30 giu 2015
  • Tempo di lettura: 4 min

Secondo alcune teorie, la vita è un movimento continuo verso l'illuminazione. Ovviamente questo movimento può essere assecondato, quando la nostra comprensione si unisce a ciò che "già è esistente". Ciò che è sempre stato, deve solo essere riscoperto e di conseguenza ogni ricerca ha come fine ultimo quello di ricordare.

La meditazione è uno strumento di contemplazione interiore che serve a ricordare, un giusto sforzo che lentamente genera una "rimembranza".

Seguendo il sentiero mediano e le indicazione che ci sono pervenute da chi con grande coraggio ha potuto percorrerlo fino alla meta, possiamo, noi stessi, divenire quella meta.

Accade quindi che il praticante, con grande dedizione cominci a sviluppare spontaneamente delle facoltà mentali che lo guideranno tramite un movimento sincronico dal sapore magico, verso una conoscenza superiore già esistente.

Nulla è lasciato al caso e nulla viene scoperto, perché nel momento in cui si manifesta, ci si accorge che già era lì e che nella storia umana, molti altri uomini e donne hanno potuto raggiungere la meta tanto agognata.


Da questo agognare si manifesta il sentiero tortuoso e buio dell'anima, come una notte lunga e difficile che trova nell'oscurità la luce divina, "è nell'ardente desiderio di arrivare a Dio che si genera l'abbandono completo del desiderio".


Vengono in aiuto del discepolo che si immerge nel buio dell'iniziazione, antichi insegnamenti che non trovano alcun confine di appartenenza tra oriente e occidente. Il praticante si troverà di fronte una vera e propria fonte naturale d'informazioni che lo porteranno a trovare la propria individualità spirituale.

Ciò che rimarrà presente sarà il fine ultimo della ricerca, la presenza di Dio nella quiete e nel silenzio, la natura stessa dell'esistenza in comunione con l'esperienza del dolore.


Nel cinquecento spagnolo troviamo una figura emblematica del misticismo cristiano, San Giovanni della Croce. Egli rappresenta non soltanto una figura carismatica da seguire in nome di un'istituzione dogmatica, ma ancor di più, trova senso nel contesto generale di un percorso spirituale iniziatico che appartiene ad un movimento molto più grande, nel quale rientrano tutti coloro che sono sul percorso spirituale.

Nel suo insegnamento troviamo numerose indicazioni da seguire che spesso appaiono come piccole luci nel buio. Il buio, appunto, diventa per Giovanni il simbolo di un lungo e faticoso progredire dell'anima attraverso la rinuncia. Il concetto di "Notte oscura dell'anima", viene ripreso da Giovanni e messo al centro dell'intero insegnamento che appare sotto forma di tre gruppi distinti. Il primo è rivolto ai "principianti", seguono i "proficienti" e in fine i "perfetti".

La notte oscura dell'anima è stata nei secoli fraintesa e paragonata ad un lungo e tortuoso susseguirsi di atroci sofferenze che solo colui che sviluppa la più alta vocazione verso il divino può affrontare con successo.

In realtà gli stati in cui possiamo evidenziare un reale progresso dell'anima nel percorso, si manifestano in una oscurità che però è fonte di luce ed ispirazione e dalla quale emergono le facoltà per accedere al livello successivo.

Credo che l'insegnamento di Giovanni della Croce sia di grande aiuto per l'intera umanità, fatta di uomini e donne che in questo tempo stanno conoscendo un segreto appartenuto alla conoscenza di pochi eletti.


La dedizione con la quale il discepolo si immerge nel percorso è la sua grande forza, insieme alla fede e alla perseveranza nella meditazione che lo accompagnano lungo l'attanagliante senso di angoscia che si sviluppa all'apparire di questa lunga notte oscura, dove, dice Giovanni: "Anche il corpo e non solo lo spirito ne viene scosso". Alcune sintomatologie sono infatti riconducibili ad un progresso nel percorso spirituale, senza dunque aspettarsi l'apparire di alcuna perfezione, come aspettativa di una giusta ricompensa. Si resta invece in ascolto "attendendo in silenzio Dio".


Il percorso ci spinge ad una estrema rinuncia che diviene un entusiasmante viaggio verso quello che si cela nell'oscurità di ciò che non è visto. Tutto quello che appare sotto forma di "brama" si manifesta come opportunità per accedere a ciò che si cela oltre la stessa.

Il viaggio dell'anima è così entusiasmante e perfetto che ogni cosa nel mondo della materia diviene prima o poi privo di senso. Si percepisce in questo modo un senso di disgusto per ogni forma impura e contaminata, raggiungendo l'apice estremo della rinuncia da ogni attività mondana. Una condizione che nel Buddhismo è conosciuta con il nome di "Nibbhida"

Il nobile sentiero ci apre quindi le porte della notte oscura dell'anima come ricompensa di una scelta altrettanto nobile e coraggiosa, ci spinge a vedere l'assolutezza delle profondità e a riconoscere l'assenza di orientamento e la perdita assoluta del senso, cadendo ripetutamente nel dubbio e nella debolezze della carne, aprendo lentamente un canale interiore nascosto, il canale che segue alla volta del Regno.

 

Non bramando nulla, nulla lo appesantisce (Giovanni della Croce)

Per poter gustare il tutto,

non cercare il gusto in nulla. Per poter conoscere il tutto, non voler sapere nulla. Per poter possedere il tutto, non voler possedere nulla.

Per poter essere tutto, non voler essere nulla. Per giungere a ciò che ora non godi, devi passare per dove non godi. Per giungere a ciò che non sai, devi passare per dove non sai. Per giungere al possesso di ciò che non hai,

devi passare per dove non hai. Per giungere a ciò che non sei, devi passare per dove non sei.

Quando ti fermi su qualcosa, tralasci di slanciarti verso il tutto. Se vuoi giungere interamente al tutto, devi rinnegarti totalmente in tutto. E quando tu giunga ad avere il tutto, devi possederlo senza voler nulla.

In questa nudità lo spirito, trova il suo riposo, perché non bramando nulla, nulla lo appesantisce nell’ascesa verso l’alto, nulla lo sospinge verso il basso, perché è nel centro della sua umiltà. Quando invece brama qualcosa, proprio in essa si affatica.

Giovanni della Croce, al secolo Juan de Yepes Álvarez (in spagnolo: Juan de la Cruz; Fontiveros, 24 giugno 1542 – Úbeda, 14 dicembre 1591), è stato un presbitero e poeta spagnolo, cofondatore dell'Ordine dei Carmelitani Scalzi.

 
 
 
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